La coltivazione dell’albero del tamarindo si è diffusa in diverse parti del mondo, tra cui l’Asia, l’Australia e il resto dell’Oceania, ma le suo origini nascano in Sudan , Camerun, Tanzania, Nigeria e Madagascar, Tuttavia, poiché viene coltivata da tempo ormai immemore in India, c’è chi la ritiene indigena del subcontinente indiano (che è peraltro fra i maggiori produttori mondiali) .
Appartenente alla famiglia delle Fabaceae, ha una crescita lenta e può arrivare fino a 30 metri di altezza; genera fiori poco appariscenti di un giallo tenue sfumato o striato di rosso o arancione e riuniti in grappoli. I frutti sono baccelli incurvati, marroni, lunghi dai 10 ai 15 cm: contengono una polpa che da verde si fa rosso-bruna e poi marrone via via più marcato e diversi semi (da 3 a 12).
Al giorno d’oggi, è possibile trovarlo anche in grande produzione in Messico e in tutto il Sud America, questo portato dai conquistatori spagnoli e portoghesi nel 16 ° secolo.
La polpa del frutto del tamarindo è usata come condimento nella cucina asiatica e latinoamericana. Il suo frutto può essere usato più acerbo, il suo sapore è molto più acido e fortemente astringente, ed è usato in piatti che richiedono una nota di acido/amaro, mentre i frutti maturi tendono ad essere più dolci, con note fruttate e rinfrescanti e vengono utilizzati più nella preparazione di dessert e bevande.
In tutta l’America centrale e in Messico, si trovano in commercio tanto la polpa quanto la pasta concentrata di tamarindo pronta per l’uso. La prima è generalmente venduta sotto forma di “mattonelle” compresse con ancora i semi e le fibre intatti, la seconda in buste o vasetti ed è già filtrata. La differenza fra i due prodotti? Il secondo non richiede ammollo, cottura e colatura per separarla da semi e fibre.
È parere diffuso che la forma “integrale” vanti qualità organolettiche migliori. Esiste anche una pasta concentrata nera-nerissima, da diluire in acqua: prodotta in India, viene sottoposta a un processo di cottura che ne fa virare il sapore verso le note tipiche della melassaci .
Dal punto di vista nutrizionale Il tamarindo vanta elevate quantità di minerali (calcio, potassio, fosforo, magnesio, sodio e selenio) ed è un’ottima fonte di vitamina A, B1, B2, B3, B5, B6, C, K, e J. A fronte di un 31% di acqua, contiene fino al 57% di zuccheri semplici, mentre fibre alimentari, ceneri, proteine e grassi pesano per il 5% del totale tenendo anche in considerazione che 100 g di polpa di tamarindo apportano 239 kcal.
I semi di tamarindo decorticati contengono fino al 48% di sostanze gelificanti: da qui si avvia la produzione di una gelatina purificata di tamarindo detta “Jellose”, che avrebbe qualità gelificanti superiori della comune pectina di frutta per la preparazione di gelatine, composte e marmellate. Oltre che per le conserve di frutta, è oggi largamente utilizzata come emulsionante e stabilizzatore per gelati, maionesi e formaggi.
Se volete preparare la ricetta dello sciroppo di tamarindo, mescolate 700 g di polpa pulita di tamarindo a 2 litri d’acqua, cuocete il tutto fino ad ottenere una crema, filtrate la crema con una garza di cotone. Lasciare riposare qualche ora bollite con 40gr di zucchero di canna integrale per qualche minuto. Prima di imbottigliarlo, lo sciroppo di tamarindo va fatto freddare. Questo sciroppo si può utilizzare per bibite e granite.