Cipollaccio, lampone, muscaro, lampascione, lambascione, vampagiolo, pampascione, ampasciulo
Mille varianti per identificare la “Muscari Comosum”, quel bulbo spontaneo (o coltivato) tipicamente pugliese che appartiene alla famiglia delle Liliaceae. Glottologi, pseudolinguisti, mercanti e contadini hanno coniato i termini più coloriti per identificare il bulbo dei lampascioni (utilizzeremo questa dicitura), che è la parte commestibile della pianta, ed è simile ad una piccola cipolla che si sviluppa ad una profondità variabile dai 10 ai 20 centimetri.
I lampascioni esprimono la loro bellezza attraverso fiori violacei che sbocciano in primavera fino alla fine dell’estate, mentre i bulbi, di colore biancastro-rosa, hanno un sapore amarognolo e si raccolgono 4 o 5 anni dopo la semina, a fine estate inizio autunno. In realtà questi meravigliosi bulbi sono consumati soprattutto nelle regioni meridionali (in particolar modo in Puglia, soprattutto nel Salento, e in Basilicata), dove crescono spontaneamente nei prati pianeggianti e raccolti principalmente nel mese di Febbraio.
Nonostante il loro sapore franco e fresco e le loro proprietà persino terapeutiche, c’è da dire che, ancora oggi, i lampascioni sono pressoché sconosciuti alla maggior parte degli italiani.
A nessuno verrebbe mai in mente che questi piccoli cipollotti spontanei siano fonte pregiata di flavonoidi (antiossidanti particolarmente utili per il buon funzionamento del fegato, nella cura dei capillari e dell’apparato cardiocircolatorio, tanto che il loro consumo contribuisce ad abbassare la pressione sanguigna e prevenire la formazione di trombi), zolfo (che interviene a sostegno dei tessuti connettivi e delle cartilagini), saponine e pectine (due particolari tipi di fibra alimentare con proprietà lassative, emollienti e utili a determinare un abbassamento della percentuale di grasso).
Non mancano potassio, calcio, fosforo, ferro, rame, manganese e magnesio, glucosio ed amido. Tra le altre proprietà i lampascioni stimolano l’appetito (come del resto gli alimenti dal sapore amarognolo in genere), attivano le funzioni digestive, sono diuretici ed hanno un effetto anti infiammatorio.
Come ogni alimento, tuttavia, anche i lampascioni hanno le loro controindicazioni: è preferibile quindi evitarli, o valutarne il consumo, in caso di gravi problemi al fegato, ai reni, in caso di ulcere e di colon irritabile.
In quest’ultimo caso, bisogna infatti ricordare che i lampascioni contengono mucillagini, ovvero sostanze che al contatto con l’acqua si gonfiano producendo una sostanza viscosa che, una volta ingerita, apporta benefici al nostro intestino, ma in alcuni casi (soprattutto se consumati in abbondanza), possono determinare fastidiosi problemi di meteorismo attraverso un aumento della fermentazione intestinale.
Vi sono svariati modi per prepararli: al forno, in agro, dorati e fritti, sott’aceto, in salamoia, e possono comparire tra gli antipasti o come contorno. Il modo più semplice è cuocerli e condirli con olio e sale. È sufficiente pulire i lampascioni e cuocerli in pentola a fuoco lento, coperti di acqua. Dopo un paio di ore di cottura, vanno serviti tiepidi, conditi con olio e sale, magari un po’ schiacciati. Se consumati freddi, ottima è una spruzzata di aceto!
Il loro valore non è legato solo al benessere alimentare. Due infallibili “chicche” sono conservate nella tradizione pugliese, che garantiscono al lampascione un posto tra i rimedi naturali per la cura della pelle e come curioso ma efficace collante per pentole in terracotta.
L’impasto ottenuto pestando un lampascione crudo ed aggiungendo una punta di miele favorisce la maturazione dei foruncoli.
Nella utilizzato come collante sulle pentole di terracotta quando queste si crepano: basta prendere una metà di lampascione, sfregarlo sulla parte crepata fino a che la mucillaggine presente nel bulbo non va a ricoprire completamente la crepa. Una volta che la mucillagine è essiccata la pentola può essere utilizzata ancora per molto tempo. Provare per credere!!